Nel 1844 una serie di lavori di manutenzione e rinnovamento dell’edificio portarono alla scoperta, sotto un pavimento di mattoni, dell’antico mosaico (1160), all’epoca già danneggiato in molte parti. I frammenti oggi rimasti si trovano tanto nella navata centrale dell’edificio, quanto in quelle laterali.

Si tratta di tessere in pietre calcaree di dimensioni variabili tra i 2,5 ed i 5 cm di colore rosso, verde, giallo, grigio, bianco, nero, beige nelle varie tonalità, disposte ad opus tessellatum. Tutti i frammenti di immagini rimasti sono inseriti entro tondi. Nella navata centrale, procedendo dall’ingresso dell’edificio verso il presbiterio, all’altezza della quarta colonna, sul lato destro, entro una cornice con un motivo a treccia si legge un’iscrizione musiva frammentaria di quattro lettere, EDNI, con un segno di abbreviazione sulla lettera N, lunga circa un metro. Nello spazio superiore sono visibili i resti di tre file di rotae disposte a coppie con raffigurazioni di animali rivolte verso il centro della navata.
Immediatamente sopra, entro un tondo con una sottile cornice a losanghe, si riconosce un centauro retrospiciente, nell’atto di suonare un lungo corno sorretto da entrambe le mani. Un altro tondo, tra la quinta e la sesta colonna, lascia intravedere un quadrupede bardato con le redini, la testa simile a quella di un grifo, cavalcato da una figura nuda che afferra le redini dell’animale con un braccio e solleva con l’altro un’asta ricurva. Accanto a questa rota se ne intravede un’altra con la cornice occupata da un’iscrizione di cui restano sole le lettere VIP…PSOHIS DIPS.
Superiormente si osserva, entro una cornice con il bordo a treccia, la parte inferiore di un grifo (diamentro m 3,29). Gli si contrappone una rota entro la quale si intuisce la presenza di un animale con grosse zampe munite di artigli. All’altezza della settima colonna un’altra iscrizione, lunga 87 cm, di cui sono visibili solo le lettere ACTA. Nella navata laterale destra le figure sono orientate in senso inverso rispetto a quelle della navata centrale, ad eccezione della prima. All’altezza della settima colonna entro il consueto tondo è riconoscibile una figura femminile con abito scuro, seduta su due quadrupedi che guardano in opposte direzioni. Dopo un’ampia zona lacunosa, un tondo di m 3,44 di diametro include un toro dalla doppia coda.
Nell’altra navata, procedendo sempre dal presbiterio verso l’uscita, tracce ormai non più leggibili dell’antica decorazione musiva si conservano tra la quinta e la quarta colonna. Tra le colonne, frammenti di una cornice che in origine doveva dividere gli spazi tra le navate, realizzata con palmette entro lobi cuoriformi. Tra la seconda e la terza colonna, infine, tracce di un animale non più identificabile, con il corpo di quadrupede caratterizzato, come in altri animali, da una rosetta sulla coscia. Questo è quanto rimane. Il mosaico doveva estendersi all’intera superficie, come dimostra il frammento di decorazione visibile nella navata destra, all’altezza del presbiterio.

La decorazione si apriva con la raffigurazione di Re Alessandro, assiso su un carro sostenuto da grifoni. Il sovrano era ritratto in abiti imperiali, emergente a mezzo busto da una sorta di cassa retta da un’asta. In alto due stelle sottolineavano che la scena era ambientata nel cielo. Questa raffigurazione era inserita in un riquadro rettangolare con cornici variamente decorate. Nella navata centrale i frammenti pervenutici sono all’incirca gli stessi documentati
nel disegno. Diverso il caso della navata laterale destra. Subito sopra il tondo con la figura femminile seduta su due quadrupedi, si osservano un centauro che suona un corno, con il bordo segnato dall’iscrizione di Petroius (si legge: HOC DI …XIT OP….DIVERSO FLORE PETROIUS).

Di seguito si riconoscono un grifo, un cavallo alato, un toro tutti girati verso sinistra, ed infine un’arpia con una testa femminile nel becco. Gli spazi tra i tondi sono occupati da una fitta trama a motivi vegetali, che ricompare identica sull’altra navata laterale, di cui restano visibili, oltre al quadrupede ancora oggi conservato (forse un grifo) solo i bordi decorati di altre rotae.