Esso è costituito da un vano di forma quadrata, coperto da una volta a crociera connervature gotiche. Al centro del vano si trova il fonte battesimale: un unico blocco di marmo rotondo e concavo, che risale probabilmente al X secolo, ma presenta, nella parte anteriore, inserzioni policrome di stile barocco. Al di sopra del fonte, si colloca il ciborio, una struttura architettonica probabilmente destinata in origine a sormontare l’altare maggiore, poi fu trasferita nel Battistero dall’arcivescovo Caracciolo nel 1652. Tale struttura presenta quattro travi decorate con motivi vegetali ad intreccio, presumibilmente di epoca medievale, che sostengono un cupolino, raffigurante lo stemma del Principato di Taranto, uno scorpione sormontato dalla corona e in alto la statua del Redentore. Le fonti riportano in questo luogo l’evento del ritrovamento del corpo di san Cataldo nel 1071, periodo in cui il vescovo Drogone volle ricostruire la cattedrale distrutta dai saraceni. due lapidi ricordano tarantini illustri battezzati in quel luogo ovvero il Santo Egidio Maria da Taranto e il celebre compositore Giovanni Paisiello.
In particolare, il ciborio: nel 1571 l’arcivescovo di Taranto il cardinale Girolamo De Corrigio «in ringraziamento – scriveva mons. Giuseppe Blandamura – all’Altissimo per il trionfo conseguito dalle armi cristiane contro il Turco».
Il riferimento era alla battaglia di Lepanto combattuta nelle acque dell’Egeo il 7 ottobre dalle armate cristiane contro la flotta turca. Su una delle facciate trapezoidali del ciborio, il cardinale De Corrigio fece incidere una iscrizione in latino ancora ben leggibile che nella sua traduzione italiana dice: «Nell’anno del Signore 1571, il giorno 7 ottobre, sotto la santissima lega di Pio V Sommo Pontefice, di Filippo Cattolico e del Senato veneziano, duce Giovanni d’Austria, la flotta turca fu vinta presso l’Epiro».